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In un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, promosso avanti il Tribunale di Lecce, l’opponente formulava una serie di conclusioni tra le quali vi era la richiesta di accertare e dichiarare la nullità ed inefficacia, in riferimento agli art. 1418 e 1419, comma 2, c.c., del contratto di fideiussione c.d. omnibus, sottoscritto dall’attrice in opposizione con la Banca opposta, in relazione alle clausole di cui alle lettere b), f), g) e h) del capitolato delle condizioni in esso riportato, in quanto esattamente corrispondenti nel contenuto a quelle recepite agli artt. 2, 6, 7 e 8, dello schema generale dei contratti di fideiussione c.d. omnibus, raccomandato per l’adozione nella generalità dei rapporti con la clientela dalla Associazione Bancaria Italiana (ABI) alle rispettive Affiliate, tra cui la Banca convenuta in opposizione, nella misura in cui esse sono applicate in modo uniforme dalla Banca nella generalità dei rapporti con la clientela, in riferimento all’art. 2, comma 2, lettera a), della Legge 10 ottobre 1990, n. 287.
Il Giudice del Tribunale di Lecce, accogliendo le difese assunte da questo Studio nell’interesse della Cliente convenuta opposta, con recente sentenza n. 959/2022 del 5/4/2022, depositata in pari data, ha rigettato l’opposizione formulando, in materia di fideiussione omnibus, le seguenti motivazioni.
Premettendo che “la questione oggetto d’esame trae origine dal provvedimento n. 55 del 2.5.2005 emesso dalla Banca d’Italia in funzione di Autorità Garante della Concorrenza tra istituti creditizi ai sensi degli artt. 14 e 20 L. n. 287 del 1990 (vigenti fino al trasferimento di tali poteri all’AGCM con la L. n. 262 del 2005 con decorrenza dal 12.1.2016) e relativo al contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (luglio 2003) e l’art. 2, co. 1 lett. a) della L. cit.”, il Giudice leccese ricorda come il tema sia stato successivamente affrontato dalla Suprema Corte con ordinanza n. 29810 del 12/12/2017, che pure richiama l’arresto delle Sezioni Unite Civili, sentenza n. 2207 del 4/2/2005, secondo cui “deve essere allegata un’intesa di cui si chiede la dichiarazione di nullità, ed altresì il suo effetto pregiudizievole, il quale rappresenta l’interesse ad agire dell’attore secondo i principi del processo, da togliere attraverso il risarcimento”.
Il magistrato rammenta ancora che su tali tematiche la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi con la sentenza n. 13846 del 22/5/2019 e la successiva sentenza n. 24044 del 24/9/2019 secondo cui “avendo l’Autorità amministrativa circoscritto l’accertamento della illiceità ad alcune specifiche clausole delle NBU trasfuse nelle dichiarazioni unilaterali rese in attuazione di dette intese, ciò non esclude, ne è incompatibile, con il fatto che in concreto la nullità del contratto a valle debba essere valutata dal giudice adito alla stregua degli artt. 1418 c.c. e ss. e che possa trovare applicazione l’art. 1419 c.c., come avvenuto nel presente caso, laddove l'assetto degli interessi in gioco non venga pregiudicato da una pronuncia di nullità parziale, limitata alle clausole rivenienti dalle intese illecite”.
Alla luce dei principi di diritto richiamati dalle predette pronunce di legittimità, il Tribunale di Lecce afferma che “l’eccezione di nullità de qua non è idonea a determinare la liberazione del fideiussore, dal momento che il rimedio della nullità totale del contratto di fideiussione non appare applicabile quale effetto derivato dalla nullità dell’intesa anticoncorrenziale; più precisamente, come visto, lo scrutinio di cui è investito il giudice di merito e che attiene alla conformità della garanzia personale prestata allo schema ABI del 2003 postula l’esistenza in atti della prova: 1) dell’esistenza di un illecito anticoncorrenziale; 2) che lo schema contrattuale cui ha avuto accesso il garante corrisponde a quello derivante dal predetto illecito; 3) che, in conseguenza ed in ragione di ciò, la libertà di scelta del fideiubente è stata effettivamente limitata. Quanto al profilo sub 1) è sufficiente richiamare l’insegnamento delle Sezioni Unite nella più volte citata sentenza del 2005: “deve essere allegata un’intesa di cui si chiede la dichiarazione di nullità, ed altresì il suo effetto pregiudizievole, il quale rappresenta l’interesse ad agire dell’attore secondo i principi del processo, da togliere attraverso il risarcimento”. A tale riguardo, l’opponente nulla ha dedotto e provato. Quanto al punto sub 3) si osserva che, anche allorquando lo schema contrattuale della singola fideiussione sottoposta all’attenzione del giudice appaia speculare rispetto a quello stigmatizzato dalla Banca d’Italia, ciò non esclude, da un lato, che vi fossero nello stesso periodo delle banche che offrivano delle condizioni fideiussorie più favorevoli e migliori di quelle sottoscritte dal garante e, dall’altro lato, che il garante non sia stato comunque coartato da tali disposizioni poiché - esemplificativamente - la fideiussione era stata indicata dalla banca come condizione necessaria per l’apertura del credito o per l’erogazione del finanziamento. Anche sotto tale profilo, alcuna allegazione o prova è stata fornita dalla odierna opponente. Deve, pertanto, rigettarsi l’eccezione volta a far dichiarare la nullità assoluta della fideiussione per cui è causa.”.
Infine è pure richiamata la recente sentenza a Sezioni Unite del 30/12/2021 n. 41994 con cui la Cassazione ha affermato questo principio di diritto: “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”.
In ossequio a tale principio, la possibilità dell’estensione della nullità all’intero contratto di fideiussione sarebbe remota atteso che, secondo quanto statuito nella sentenza ora in commento, la norma dell’art. 1419 cod. civ. “prevede la conservazione del contratto come regola generale e la nullità di tutto il contratto come eccezione (…) Ma, soprattutto, con specifico riferimento all’applicazione dell’art. 1419 cc alla fideiussione, Cassazione Sezioni Unite 30 dicembre 2021 n. 41994 ha indicato che “agli effetti dell’interpretazione della disposizione contenuta nell’art. 1419 c.c., vige, infatti, la regola secondo cui la nullità parziale non si estende all’intero contenuto della disciplina negoziale, se permane l’utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti, secondo quanto accertato dal giudice. Per converso, l’estensione all’intero negozio degli effetti della nullità parziale costituisce eccezione che deve essere provata dalla parte interessata (Cass. 21/05/2007, n. 11673)”.
Conclude quindi così il Tribunale di Lecce: “Ebbene, nel caso in scrutinio, la difesa dell’opponente fideiussore non ha allegato né offerto di dimostrare che non avrebbe concluso il contratto di fideiussione se privo delle clausole indicate come nulle. Esaminando le posizioni dei due contraenti, da un lato, non risulta provato (ed appare inverosimile) che la banca creditrice non avrebbe accettato una fideiussione priva delle clausole in questione, posto che - anche senza quelle clausole - la stessa consentiva di rendere maggiormente garantito il debito della s.r.l. e, dall’altro, deve escludersi che le clausole ritenute frutto di intesa anticoncorrenziale siano state determinanti della monitoria della Banca ricorrente. Pertanto, anche sotto questo profilo, deve intendersi rigettata l’eccezione di nullità assoluta della fideiussione per cui è causa.”.
Al rigetto dell’opposizione, è seguita la conferma del decreto ingiuntivo e la condanna della parte opponente alla refusione delle spese processuali.
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